a)Doratura sommario

Esistono diversi metodi di doratura. La doratura a foglia è il procedimento che riguarda la doratura del legno; è di questo metodo che parleremo diffusamente. La tecnica della doratura non è semplice: non credo sia possibile, ad un profano, applicare tale tecnica solo con la lettura di queste pagine né di un altro manuale anche se più completo ed esauriente. Solo l’esperienza a fianco di un buon artigiano può permettere di raggiungere risultati accettabili. Questa tecnica, pur difficile per la delicatezza del procedimento, è estremamente affascinante. Richiede diverse fasi e possono passare giorni prima di vedere il lavoro ultimato, ma il risultato premia sicuramente la pazienza di chi si cimenta in quest’arte le cui origini si perdono nei secoli. Il procedimento è rimasto uguale a se stesso fin dai tempi più remoti. L’unico intervento della moderna tecnologia, riguarda la laminatura dell’oro, non più eseguita a mano dai “battiloro”, ma ottenuta industrialmente.

Metodi di doratura
di seguito vengono descritti i vari metodi di doratura.

• Doratura a foglia (o a guazzo): si tratta di applicare la foglia d’oro sulla superficie opportunamente trattata.

• Doratura a spolvero: è tecnicamente identica alla doratura a foglia, ma anziché utilizzare la fogli dell’oro utilizza la polvere.
La doratura consiste nel rivestire superfici diverse con foglie d’oro sottilissime. I primi esempi risalgono all’antico Egitto. Sono ottimi doratori gli Etruschi che poi insegneranno l’arte della doratura ai Romani. Durante il Medio Evo questa tecnica viene dimenticata in occidente ma resta viva nell’Impero d’Oriente e da Costantinopoli tornerà in Italia a partire dalla fine del XIII sec. nei fondi oro dei soggetti sacri e nel Rinascimento ricomincia ad essere usata anche per gli arredi civili.

PULITURA, FISSAGGIO.
Colla di coniglio: ricavata da cartilagini di coniglio (a volte anche capra o pecora), si trova in granuli (una volta era in stecche).
Va messa a bagno in acqua fredda (rapporto 1/10) finché non sia imbevuta bene, quindi va scaldata (meglio a bagnomaria in pentola di coccio).
Con questa densità va bene per le dorature ex novo, nel restauro va molto diluita ed usata per asportare lo sporco superficiale e per un primo fissaggio delle parti sollevate.
Più debole è la superficie, più debole sarà la colla.
Sulla doratura a guazzo non verniciata va data con molta delicatezza per non asportare la foglia.

Altre sostanze adatte alla pulitura:
Alcool
Acetone
Ammoniaca
Sapone neutro
Essenza di trementina
Mista trementina-alcool
Solvente nitro
Sverniciatori in crema o liquidi (ben tollerati dalle tecniche ad acqua)

REINTEGRAZIONE DEL FONDO.
Il gesso: “di Bologna ” o “da doratori” è un gesso reso inerte che diventa un eccipiente neutro, si mescola alla colla calda (ma non troppo). Più forte è la colla, più duro risulterà il gesso una volta asciutto.
Si usa questa amalgama più solida per stuccare a spatola o più liquida per reintegrare a pennello.
Quando lo strato di gesso è spesso è bene arrivare a livello con più passaggi per evitare crepe.

LEVIGATURA DEI GESSI AGGIUNTI.
Bisogna pareggiare completamente le parti nuove con le originali e levigarne le superfici usando, secondo i casi, carte vetrate fini, teline metalliche, ferri da tratteggio, o anche spugne o tessuti umidi.
In alcuni casi sono anche da riprendere i decori originali a pastiglia oppure a incisione (con gli appositi ferri).

LAVATURA.
Terminata la levigatura è importante ripulire tutto l’oggetto con alcool e gommalacca (5%) o colletta in presenza di vernici originali. Pulire il più possibile anche il luogo in cui si lavora.

SELEZIONE ORO.
Nel restauro conservativo i nuovi gessi si riprendono a tratteggio normalmente giallo rosso verde variando secondo la tonalità di base.

IL BOLO.
In caso di restauro integrativo o commerciale sul gesso pulito si procede a stendere il bolo cercando di avvicinarsi al colore dell’originale.
Il bolo è un argilla grassa di colore rosso, giallo, nero, sfumature varie, fa da sottofondo alla doratura vera e propria.
Si forma una mestica amalgamandola con: chiara d’uovo (30gr./1 chiara), colla di coniglio, colla di pesce
Si aggiunge sempre una punta di sego o di olio d’oliva e un po’ d’acqua. Si stende con pennello morbido: vaio o orecchia di bue.
Possono essere necessari più passaggi intercalati da lavatura ad alcool; prima di dorare passarlo con cotone o pennello rigido per spolverare e levigare.

LA DORATURA.
Sulla parte sinistra del cuscino si posa il libretto (composto sempre di 25 foglie uguali, quadrate, il peso complessivo in oro è di circa 1/2 gr., lo spessore può variare da 0’1 a 0,4 micron circa, il lato è tra i 6 e i 10 cm.); aiutandosi col soffio e col coltello si sposta la singola foglia sulla parte destra del cuscino, ben stesa, la si taglia secondo necessità. Con pennello morbido si bagna di colletta di pesce la superficie da dorare di volta in volta, con la pettenina (pennello largo e piatto specifico) si solleva la foglia e la si avvicina alla superficie umida fino a lasciarvela adagiare, premendo poi lievemente col cotone la si aiuterà ad aderire.

COLLETTA di pesce: si trova in stecche trasparenti, si mette a bagno a pezzetti in acqua fredda, dopo 10 minuti si può riscaldare (senza farla fumare).
1/4 stecca per 1/4 l. acqua, per l’oro; 1/2 stecca per 1/4 l. acqua, per l’argento; 1 e 1/2 stecca per 1/4 l. acqua, per il similoro.
SIMILORO: si trova normalmente in foglie quadrate di 16 cm. di lato, a differenza dell’oro si può prendere con le mani, per dorare si usa al posto della pettenina cotone inumidito. Si comincia ad usare solo alla fine dell’800.
Dorare con un po’ di abbondanza, una volta asciutto sfumare l’eccesso con un pennellino rigido inumidito.

BRUNITURA.
Consiste nel lucidare la superficie dorata con la pietra d’agata (anticamente erano usati anche denti di cane o di cinghiale), in commercio si trovano pietre col manico di vari formati. Si passa la pietra con movimento lineare e regolare variando secondo i casi la pressione esercitata: meglio eseguire un primo passaggio leggero anche per capire meglio il fondo, che, se non sarà perfetto, potrà non tollerare una pressione forte.
Dove non si passa la pietra la superficie resta opaca, dando un effetto di contrasto spesso usato in modo ornamentale.
Nel restauro integrativo conviene in genere non lucidare troppo, bisogna prestare attenzione a rispettare gli opachi originali che spesso non sono immediatamente leggibili.

DORATURA A MISSIONE O MISTIONE.
Può essere effettuata su qualsiasi materiale, richiede un fondo di vernice, usata soprattutto su marmo, avorio, metalli e in esterni, non ammette la brunitura, dalla fine dell’800 è spesso eseguita anche su cornici, specchiere e decorazioni di minor pregio.
A differenza della doratura a guazzo non tollera gli sverniciatori e quindi, se coperta da altre materie, porporine, smalti, molto difficilmente è possibile ripristinare l’originale.
Si trovano in commercio missioni ad acqua, ad alcool (sconsigliate per l’oro fino), che sono le più semplici da usare: asciugano in un tempo rapido e restano efficaci per circa 36 ore, e ad olio, queste ultime si trovano con tempi d’asciugatura a 3,6,12 ore, la migliore, vanno stese ben tirate e rispettato il tempo d’applicazione.

PATINATURA.
CERA: eventualmente allungata con un po’ di trementina e sporcata con terre, soprattutto per l’oro fino.
VELATURE AD ACQUA: a base di gomma arabica, si può usare con delicatezza anche sull’oro fino non verniciato, a mordente solo per similoro verniciato
Toni freddi: terra d’ombra, verde, bianco, nero fumo.
Toni caldi: terra d’ombra bruciata, terra di Siena bruciata.
VELATURE A VERNICE: gommalacca con aniline o gomma gutta.
Una velatura particolare è la MECCA (gommalacca con pigmenti colorati gialli e rossi) che fa assumere all’argento l’aspetto dell’oro.
Argento e similoro sono sempre verniciati per preservarli dall’ossidazione.

LACCATURA
Per il restauro di parti dipinte o laccate sono identiche
le prime tre fasi. Ovviamente invece del bolo si dà la tempera cercando di accompagnare la tinta originale (restauro conservativo) o reintegrare le parti mancanti (restauro integrativo) secondo i casi.

TEMPERE: sono sempre composte da terre ed ossidi con un collante (in genere colla di coniglio) che le fa aderire stabilmente alla superficie.
TEMPERA ALL’UOVO. Ricetta classica adatta anche ad essere stesa sopra la doratura per la lavorazione a graffito: un bicchiere di latte ed un uovo, sbattere bene e filtrare, per conservare qualche goccia di fenolo.

LA LACCA
Le lacche, come colore, sono ricavate da una materia organica stabilmente fissata sopra una sostanza base d’origine minerale.
La vera lacca è ricavata dalla Rhus vernicifera del Giappone e da piante simili in Cina ed in altri paesi dell’estremo oriente.
La lacca naturale è in parte solubile in alcool, all’aria essicca formando una pellicola dura e lucida che è inattaccabile dall’alcool, dagli acidi e dagli alcali.
I primi oggetti laccati conosciuti sono cinesi e risalgono al III° sec. A.D. In Europa le lacche cinesi cominciano ad essere viste nel XVII sec., gli artigiani europei, ammirati, cercano di imitarle soprattutto in Olanda, Inghilterra, Francia, Italia. In Italia sono i veneziani i primi e più abili laccatori.

I MOBILI LACCATI VENEZIANI DEL ‘700 sono in genere di legno di cirmolo, sulle giunture sono incollate strisce di tela, poi stuccati con gesso di Bologna e colla di coniglio, sul fondo fatto di 4 o 5 strati di gesso e ben levigato e spolverato vengono poi stese le tempere. I toni di fondo sono avorio, verde pisello chiaro, verde, oliva scuro, rosso di china, a volte rosa, in genere sono ottenuti con due passaggi, il primo di tonalità più chiara.
La decorazione è fissata con una prima mano di “sandracca” (lacca vera) in soluzione alcolica al 18% col 20% di trementina veneta (ma esistono molte varianti di questa ricetta base).Poi ci sono 4 o 5 passaggi di sandracca tinta con gomma gutta, per ottenere su base di blu di Prussia e bianco, l’avorio, il verde chiaro, il verde scuro, con sangue di drago su giallo chiaro per il rosa, su rosso cinabro con terra di Siena bruciata per il “rosso cinese” sul minio per il ” rosso ceralacca”.
Dopo un paio di giorni, il mobile viene ripassato con sandracca a tampone più volte e quando sia ben asciutto levigato a pomice, infine un passaggio di sandracca diluita a tampone.
Nel restauro della laccatura è importante fare varie prove di colore per avvicinarsi ai toni originali tenendo conto delle variazioni del fondo in seguito alla laccatura.

IL RESTAURO DELLA DORATURA

PULITURA
Questa fase è importantissima perché oltre a farci capire meglio il lavoro eseguito, scopriamo lo stato di conservazione del pezzo e ci facciamo un’idea di come proseguiremo il lavoro di restauro.
Dopo aver spolverato accuratamente si procede alla pulitura che può essere di due tipi:
a) superficiale e leggera
b) a fondo
In tutti e due i casi bisogna evitare assolutamente di rovinare il pezzo Quindi è bene fare delle prove su piccolissime superfici o parti nascoste perché data la delicatezza della vecchia doratura si può incorrere in rovinose scagliature.

PULITURA SUPERFICIALE E LEGGERA :si effettua quando siamo in presenza di un oggetto non particolarmente sporco e si utilizza la colla di pesce diluita a caldo con acqua. Essendo questo tipo di colla gelatinosa (è la famosa “gelatina” che si usa per preservare e guarnire i dolci) l’acqua non fa in tempo a penetrare perché raffreddandosi si addensa, si gelatinizza, evitando quindi di fradiciare gesso e legno che costituiscono il materiale-base della doratura. La colla riscaldata si applica sulla superficie da pulire con un pennello e con un tampone di ovatta si strofina leggermente e si rimuove la gelatina. Si procede per piccole superfici senza insistere ulteriormente. Finito il lavoro si cosparge con la segatura per far assorbire l’umidità rimasta e si può usare una fonte di calore moderata per l’asciugatura definitiva.

PULITURA A FONDO :si effettua quando il pezzo è particolarmente sporco e va fatta con molta cura e attenzione evitando l’eccessivo logoramento e la rimozione del sottile strato di metallo che provocherebbe operazioni di restauro ulteriori e alquanto laboriose. Si utilizzano solventi come alcool, acetone, nitro, il “polish”, lo sverniciatore applicati con pennello o batuffolini di ovatta. C’è da dire che essendo oro e argento metalli particolarmente resistenti lo sverniciatore, usato con molta cura, non intacca assolutamente la superficie. Viene applicato in piccole quantità con un pennellino, si lascia agire per qualche minuto e subito rimosso con un tampone di ovatta o straccetto morbido di cotone soffregando leggermente e con uniformità. In seguito si tampona con solvente nitro per neutralizzare l’efficacia dello sverniciatore. E’ bene evitare l’uso dello sverniciatore per gli oggetti di un certo valore o pregio e in generale se lo sporco e le macchie risultano particolarmente difficili da asportare non bisogna assolutamente insistere, ci si deve rassegnare alla loro presenza dato che sono spesso la migliore ed anche la più bella testimonianza del tempo trascorso e della autenticità del pezzo (patina). Lo sverniciatore viene usato soprattutto se il pezzo ha subito un successivo intervento consistente nell’applicazione di smalti, porporine similoro sopra ad una antecedente doratura o argentatura. Questa usanza di cattivo gusto veniva fatta perché in presenza di graffi, ammaccature, fratture, lacune, logorii, si riteneva che questi fossero antiestetici e usando questo metodo, semplice da eseguire, si preferiva coprire totalmente la superficie. Una volta eseguita la sverniciatura, rimosso lo strato superiore, spesso ci capiterà, meraviglia delle meraviglie, di trovare la vera e autentica doratura originaria.
Un discorso particolare va fatto quando siamo in presenza della tecnica “mecca” (ved. Cap. ). In tali casi è sempre meglio iniziare con la pulitura leggera. Questo perché se viene utilizzato lo sverniciatore, alcool, o altro solvente lo strato dorato viene completamente rimosso lasciando intaccato lo strato sottostante costituito dall’argento. Solo nel caso in cui la vernice ricoprente è particolarmente rovinata è bene rimuoverla per poi passare alla riverniciatura a gomma lacca per ridare all’oggetto l’effetto oro. Altrimenti si fanno dei piccoli ritocchi sempre a gomma lacca nelle parti lacunose, rovinose e logorate.

L’INCOLLAGGIO EIL CONSOLIDAMENTO
Prima di procedere, dobbiamo verificare se l’oggetto ha bisogno di intervento di incollaggio.

La stuccatura e la ricostruzione
Viene preparato lo stucco per otturare fori, spaccature, crepe o per spianare superfici.

Preparazione dello stucco
Per questa operazione dobbiamo preventivamente preparare la colla di coniglio. Questa si trova in commercio sotto forma di tavolette o granuli. Si lascia riposare la colla con acqua fredda per una notte intera, ciò facilita lo scioglimento. In seguito si riscalda la colla a bagno maria fino ad ebollizione, mescolandola spesso.
Si procedere a stendere a caldo la colla sulla superficie da dorare, velocemente. Si toglie la colla rimanente dal fuoco e si aggiunge il gesso di Bologna di primissima qualità preventivamente setacciato. La quantità di gesso deve essere quanta se ne assorbe la colla senza mescolare. Dopo l’assorbimento totale si aggiunge dell’acqua e si riscalda, mescolando. Se il gesso non si è completamente sciolto o in caso di grumi è opportuno passarlo con una calza di nylon. Esso va steso a caldo con un pennello velocemente ed abbondantemente. E’ bene stendere il gesso 2 o 3 volte aspettando che si asciughi ogni volta.
Su una lastra di vetro si versa il gesso di Bologna e si aggiunge in piccole quantità la colla di coniglio precedentemente riscaldata. L’impasto deve avere una certa consistenza ma malleabile e morbido (simile al lobo di un orecchio). Esso viene applicato con l’apposita spatola. Essendo questo uno stucco che tarda molto a far presa (circa 12 ore) possiamo modellarlo con comodità ma va preparato in piccole quantità perché il suo effetto collante avviene in breve tempo. Per evitare il suo veloce raffreddamento è consigliabile utilizzare il palmo della mano, che emana calore, per impastare gesso di Bologna e colla.

LE ORNAMENTAZIONI E LE RIPRODUZIONI A STUCCO

La levigatura e la scartavetratura
E’ necessario che il lavoro di levigatura sia perfetto, eseguito con molta cura e scrupolo. La fretta è spesso causa di errori a volte irreparabili. La mano dell’operatore dev’essere leggera, ferma e decisa; solo così si ottiene una superficie ben levigata. Non bisogna premere troppo perché ciò provocherebbe brutte e dannose striature rendendo necessario il lavoro di stuccatura. La levigatura va eseguita quando la stuccatura è completamente asciutta, ciò avviene dopo circa 12 ore.
Un materiale poco usato ma molto efficace è la pietra pomice. Viene usata inumidita con acqua, o olio di lino o petrolio. Prima di adoperarla si strofina sopra una superficie di marmo o altra materia per spianarla e questa operazione va ripetuta ogni volta che viene utilizzata per levigare per eliminare il gesso impastato in modo da averla sempre pulita.
Altro materiale usato è la carta abrasiva che può essere usata a secco, ad acqua o ad olio. In quest’ultimi due casi non si deve esagerare con acqua ed olio al fine di non rovinare alcun particolare e bisogna spesso pulire o cambiare la carta adoperata per evitare che essa, impastandosi, provochi danno. Gli oli usati devono essere seccativi (olio di lino crudo, di noce) mai l’olio di vasellina che avendo come caratteristica la non seccatività impedisce che qualsiasi mordente o vernice aderisca perfettamente.
La levigatura a secco, ad acqua e ad olio si possono alternare tra di loro a seconda della convenienza.
All’inizio del lavoro si usano carte vetrate di grana grossa n.120, 180, 220, 240 poi si procede con quelle più fini n.400, 600, 800, 1000, 1200 fino ad ottenere una superficie liscissima.
E’ opportuno ogni tanto spolverare accuratamente per eliminare ogni traccia di polvere. Per rendere ancora più liscia la stuccatura alla fine strofinare la parte con pelle di camoscio o di vitello.
L’apprettatura e la mordenzatura
Consistono nelle operazioni che servono a preparare la superficie per far aderire le foglie metalliche.
L’appretto di bolo (usato nella doratura a guazzo) si applica sulla superficie ben levigata. Il bolo si trova in commercio già preparato poiché la sua composizione non è facilmente eseguibile ed è in tre tonalità: rosso mattone, giallo ocra e nero. Viene scelto in base al colore del bolo esistente nel pezzo che si vuol restaurare. Il bolo va sciolto in poca acqua fredda e aggiunto alla colla di coniglio precedentemente riscaldata. Viene steso rapidamente a caldo con un buon pennello senza ripassare sullo stesso punto. Se si vuole una maggiore brunitura è necessario passare due o più mani di bolo, altrimenti è sufficiente una sola mano. Quando l’apprettatura è ultimata si lascia asciugare.
Anche i mordenti o missioni (usati appunto nella doratura a missione) servono a far aderire la foglia. I primi contengono pigmenti colorati, i secondi sono trasparenti. Anch’essi si trovano in commercio già pronti. Hanno un tempo di essiccazione variabile dai 15 minuti, 30 minuti fino a 12 ore. In realtà il momento giusto per applicare la foglia metallica è quando appoggiando il dito sulla superficie lo strato si dice che “canta” e cioè il dito non deve scivolare (ciò significa che si è asciugato troppo e di conseguenza la foglia non aderisce) né appiccicarsi troppo.
La ridoratura e la decorazione
Se sono state eseguite con esattezza le operazioni di preparazione delle superfici da trattare si può procedere all’applicazione della foglia metallica, senza che si verifichino difetti antiestetici.
E’ questa la fase più delicata del lavoro che deve avvenire senza fretta e con molta pazienza, perché solo a queste condizioni il lavoro avrà buon esito. La pratica e l’esperienza poi lo renderà perfetto.
Per prelevare la foglia dal libretto di creta si poggia il coltello sopra di essa e si soffia leggermente, la foglia si piegherà e delicatamente si trascina sul cuscinetto. L’oro e l’argento sono particolarmente sottili e quindi l’operazione è delicatissima.
La foglia stesa sul cuscinetto viene tagliata in pezzi più o meno grandi (a seconda della lacuna da colmare) e collocati a distanza tra loro per evitare che non si sovrappongono, non si raggrinziscano. Bisogna cercare di evitare gli sprechi, altrimenti, specie per l’oro, il lavoro diventerebbe troppo dispendioso. I piccoli scarti non vanno mai buttati perché possono essere sempre utili a dorare piccoli intagli nascosti.
Prima di dorare se si vuol una maggiore lucentezza del metallo si deve prima brunire (lucidare) il bolo con la pietra d’agata, rendendo così liscia la superficie.
Il procedimento dell’applicazione della foglia è diverso a seconda se la foglia è vera o falsa.
Nel primo caso si deve far bollire un po’ d’acqua, aspettare che si raffreddi e aggiungere qualche goccia di colla di coniglio. Con un pennello si bagna la superficie, abbondantemente, un po’ alla volta. Si preleva la foglia, precedentemente tagliata in misura più o meno grande, con il pennello di martora. Quest’ultimo deve essere ingrassato strofinando i peli sul viso o ungendolo con pochissimo olio di paglierino altrimenti fa foglia non aderirebbe sul pennello. La foglia viene così trasportata e posata sulla superficie con molta grazia avendo cura che essa non si frastagli e si rovini. Con un batuffolo di cotone inumidito si preme leggermente sulla foglia in modo da far uscire l’acqua in eccesso, le bolle d’aria, togliere le grinze e distenderla . Questa operazione deve essere effettuata con molta delicatezza per evitare che la foglia si rovini. Si procede poi a dorare una parte per volta fino a riempire tutta la superficie con la foglia. Una volta ultimato il lavoro si spiana definitivamente la foglia.
Nel secondo caso l’applicazione è più semplice perché la foglia essendo meno sottile, è più facilmente trasportabile con il pennello di martora unto con olio di paglierino. Essa viene posata sulla missione quando essa “canta” e con un batuffolo di cotone inumidito si spiana e si tolgono le grinze.
BRUNITURA
Bisogna aspettare che la foglia d’oro applicata sia completamente asciutta, in genere in estate l’attesa va dalle 5 alle 8 ore ed in inverno si deve attendere 20 /24 ore, per evitare che lo strato sia troppo molle o troppo secco.
La foglia d’oro e d’argento si lucida con appositi brunitoi, in particolare con la pietra d’agata. Viene scelta quella che ha la forma più adatta e più conveniente per il lavoro da eseguire. Prima di lucidare per facilitare lo scorrimento della pietra si ricorre alla lubrificazione usando delle sostanze adatte, in quantità minime come il talco, o l’olio. La pietra deve essere utilizzata con mano leggera, ferma e sicura e con una pressione regolare in modo da schiacciare la foglia e nello stesso tempo la rende lucida e brillante.
• Doratura galvanica: è usata quasi esclusivamente per dorare metalli. Si tratta di un procedimento elettrochimico, grazie al quale il metallo, ben pulito e sgrassato, si ricopre d’oro; il tutto avviene in bagno chimico, il cosiddetto bagno galvanico.
• Doratura a fuoco od amalgama, o doratura al mercurio: è impiegata quasi esclusivamente sui metalli. Si tratta di sciogliere l’oro a caldo nel mercurio e ricoprire l’oggetto, bagnato di acido nitrico, con l’amalgama ottenuta. L’oggetto così trattato va poi posto in forno ad alta temperatura: in questo modo il mercurio se ne va per distillazione, mentre l’oro rimane come residuo. Il procedimento è assai dannoso per la salute a causa della tossicità delle esalazioni di mercurio ed oggi è quasi in disuso; fu invece in voga nel XVII secolo per dorare i bronzi che decoravano gli arredi Luigi XV e Luigi XVI ed impero.

MATERIALI occorrenti per la doratura
• Gesso di Bologna: (detto anche Bianco di Meudon o di Spagna, gesso a oro o marcio) Si tratta di solfato di calcio idrato. Ha una morbidezza al tatto unica, data dalla finezza della grana di cui È composto. Non va mai fatto bollire per evitare la formazione di grumi che sono dannosi alla plastica compattezza dell’insieme. Va pertanto sciolto con il sistema del bagnomaria. Si conserva in un luogo asciutto, teme l’umidità.

• Colla di Coniglio: (detta anche colla Lapin o totin o da doratore) Si ottiene dalla pelle di animali quali gatti, conigli, lepri che viene immersa in un bagno di acqua di calce. Era conosciuta ancor prima della colla a caldo da falegname e, rispetto a quest’ultima, ha una tenacia inferiore. Ciò la rende ideale x la delicata preparazione dell’ingessatura. La proporzione tra colla ed acqua deve essere di 1 a 8 e va sciolta in bagnomaria. Si usa calda ma non bollente. Va conservata in un barattolo di vetro chiuso.

• Colla di pesce: (ittiocolla) Si ricava dalle vescicole natatorie di alcune specie di pesci quali storioni ed affini. Si trova in commercio sotto forma di lastre trasparenti che vanno lasciate in acqua x circa 24 ore prima dell’uso. Dopo aver fatto decantare l’acqua in eccesso si scioglie bagnomaria. A differenza delle altre colle non aumenta di molto il suo volume. Va usata solo per far aderire la foglia d’oro al bolo.

• Bolo Armeno: È un’argilla particolare che serve da base all’oro. È facile notarlo nelle vecchie dorature, nei punti in cui l’oro si sia consumato. Viene venduto sotto forma di sasso da polverizzare o in crema (È consigliabile comprare quest’ultimo tipo). Può essere di due colori: color terra rossa o color terra di Siena naturale. Va diluita con colla fino a raggiungere una consistenza leggera. Va passato con un pennello di martora con una sola pennellata leggera, sempre dopo averlo scaldato a bagnomaria. Appena tolta la quantità occorrente conviene richiudere il barattolo con cura.

STRUMENTI per la doratura

• Cuscinetto da doratore: Serve ad adagiare la foglia d’oro per poi tagliarla nella misura necessaria. È possibile costruirselo da soli : si ricopre su di un lato una tavoletta di cm 25x 18 con del cotone idrofilo. Si riveste il tutto con alcantara facendo attenzione a non creare pieghe o avvallamenti.
• Coltello da doratore: Si usa per tagliare la foglia d’oro. La lama non deve essere toccata con le dita, in tal caso va sgrassata con dell’alcool. Ogni tanto va affilata con carta abrasiva finissima. Non va mai fatta toccare con altre parti in metallo per non creare dei “denti” sul filo della lama. Non deve tagliare l’alcantara. In questo caso l’affilatura È stata fatta in modo errato (eccessivo). È utile anche per prelevare la foglia dal libretto e portarla sul cuscinetto.
• Pennello da doratore: Serve per prendere la foglia d’oro che È stata tagliata e adagiarla sul pezzo che va dorato. Ha un pelo morbido che fa aderire la foglia. Se ciò non avvenisse, occorre passare il pennello su di un panno inumidito di olio paglierino.
• Brunitoio: Conosciuto anche come Pietra d’Agata è uno strumento che serve a comprimere